MICA SOLO UOVA ALLA JOVA. IL LEGAME TRA UOVA E MUSICA IN 3 FATTI

Protagoniste indiscusse della settimana pasquale da sempre, sode o di cioccolata, dipinte e nascoste in giardino da un coniglietto perfido, con la loro rotondità perfetta, il loro portato mitico di fertilità e (ri)nascita: le uova.

Nelle ultime settimane però sembra che non si possa parlare di uova senza cadere nella trappola della rima con jova: una ricetta che si è fatta così virale, ma così virale, che me ne sono reso conto quando ho visto mia madre postare su instagram ricetta e risultato: la perfetta attestazione dello sfuggito di mano.

Così sfuggito di mano che – proprio come il proverbiale «è nato prima l’uovo o la gallina?» – la rispettiva collocazione sulla linea del tempo delle Uova alla Jova, del pane nuvola e del pane chetogenico si è fatta confusa, accavallata, ribaltata.

Semplicità estrema degli ingredienti (sale, pepe, in fondo, principalmente, uova), apporto proteico (e parti «carico a molla come se avessi fatto meditazione, caffè e palestra in una botta sola», nelle parole di Lorenzo): le uova alla jova sono - stando alla chef Maria Vittoria Griffoni, che da un decennio segue Lorenzo durante i suoi tour - parte di un discorso gastronomico «fatto di cibo vero, energia, sostenibilità e creatività».

Eppure, proprio come succede in questi casi, si tende a perdere di vista che il rapporto tra musica e uova è tipo ancestrale, esiste da sempre, solo che si reinventa a ogni giro di boa.

Quelle che seguono sono 3 cose – celebrità uovo-addicted, aneddoti e un esperimento – che forse non vi erano note e che ci dicono qualcosa in più sul rapporto tra uova e musica.

Perché abbiamo le Ova alla Jova e non le Snoop Doggy D-Egg?

Spero sappiate che Snoop Dogg ha scritto un libro di ricette, già, si chiama “From Crook to Cook: Platinum Recipes From Tha Boss Dogg’s Kitchen”, nel quale racconta un po’ il suo rapporto con il cibo e in cui dice «ho sempre sbattuto uova fin da quand’ero un ragazzino»: d’altronde copriva il turno delle colazioni a uno dei McDondald’s di Long Beach, e aveva questa skill di rompere le uova con una mano sola, il boss del Mac lo chiamava “Young Egg” (sarebbe stato uno streetname figo, in effetti). Cintura nera di scrambled eggs, nondimeno la ricetta preferita di Snoop – sorprendentemente, oppure no, la stessa di Elio e le Storie Tese) è l’Uovo Nel Buco, così facile da preparare che, proprio come ammette Snoop, «è proprio impossibile incasinarmici».

Si prende una padella antiaderente, ci si lascia sciogliere del burro: intanto si prende una bella fettona di pane in cassetta, di quello francese, con le fette grandi, e con un bicchiere (preferibilmente un tumbler alto, di quelli perfetti per un Gin and Juice) si pratica un foro. Si lascia poi soffriggere il pane, versando nel buco l’uovo. Capovolgi, cospargi di formaggio, ed ecco il perfetto apporto proteico per affrontare due ore di concerto, ma anche l’imbattibile snack a notte ormai altissima, dopo una sessione di registrazione in studio.

Uova + concerti: l’insostenibile leggerezza di essere gli Skiantos

Dadaisti ante-litteram nel panorama musicale italiano, antiesteti e dorifori dell’unconventional, gli Skiantos hanno portato ad un altro livello la ridicolizzazione dei luoghi comuni e il senso dello stupore, sempre con molta, moltissima ironia.

Uno dei loro capolavori di sovvertimento dei luoghi comuni si è compiuto una sera a Carpi, a fine anni Settanta, in un posto che si chiamava Al Picchio Rosso, dove erano attesi per un concerto. Salirono sul palco con un fornelletto da campo, una padella, delle uova, si misero a cucinarle.

Sarebbero potuti diventare virali, ma quelli erano gli anni Settanta, la gente non aveva ancora il cervello fritto come le uova che si erano cucinati Freak Antoni e compagnia on stage, e quindi ridevan tutti, sì, ma solo per un po’: poi si è alzato un mormorio, qualche fischio, sono volati bicchieri sul palco.

Una volta finito di mangiare le uova, solo e solo allora, è iniziato il concerto.

È vero che l’impianto acustico di un concerto può cuocere le uova?

Si racconta che negli anni Settanta c’era chi portava delle uova ai concerti, le piazzava sul palco, vicino alle casse, e a fine concerto le trovava sode, pronte per essere mangiate. In linea teorica è plausibile: le proteine dell’albume sono composte da lunghe catene di amminoacidi che scuotono i fianchi agitate da fonti energetiche (il calore, per esempio), cambiando di consistenza. In sostanza rassodandosi. E il calore non è l’unica fonte energetica possibile: nel 1936 due professori della University of Pennsylvania, Leslie Chambers ed Earl Flosdorf scrissero un articolo pubblicato dal Journal of Biological Chemistry intitolato Denaturazione delle proteine per mezzo di onde sonore” in cui esponevano i risultati di un semplice esperimento: avevano preso un uovo crudo, lo avevano esposto all’azione di un suono molto acuto (approssimativamente 140 decibel, solo 14 decibel in più del picco massimo raggiunto in un concerto degli Who nel 1976, che gli era valso la palma di “Band più rumorosa del mondo” secondo il Guinness dei Primati) e dopo qualche minuto, quattro per la precisione, l’uovo era cotto senza aver subito alcun aumento di temperatura.

Non sono certo che ai palazzetti dello sport facciano entrare uova (gesto che potrebbe essere frainteso): peccato, perché si potrebbero mettere vicino alle casse e provare a fare delle uova veramente alla jova.

2025-04-22T16:16:19Z